Slancio per l’imprenditoria femminile con il Fondo Impresa Donna 2021: 440 milioni per l’empowerment femminile.
Il nuovo bando del MISE si unisce ai finanziamenti del PNRR contro la shecessione: ecco i dettagli
In arrivo il nuovo bando del Mise “Fondo Impresa Donna” con 40 milioni, ai quali si aggiungeranno le risorse PNRR, 400 milioni, per investimenti imprenditoria femminile. Il giorno 02/10/2021 il Ministro Giorgetti ha firmato il decreto interministeriale che rende operativo il “Fondo Impresa Donna” che mira a rafforzare gli investimenti e i servizi a sostegno dell’imprenditorialità femminile. L’obiettivo della misura è quello di incentivare la partecipazione delle donne al mondo delle imprese, supportando le loro competenze e creatività per l’avvio di nuove attività imprenditoriali e la realizzazione di progetti innovativi, attraverso contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati.
La missione 5 del PNRR prevede già come finalità l’inclusione e la coesione sociale, questa missione a sua volta si scompone in tre macro argomenti, che corrispondono alle raccomandazioni della Commissione europea e che sono: M5C1 – POLITICHE DEL LAVORO; M5C2 – INFRASTRUTTURE SOCIALI, FAMIGLIE, COMUNITÀ E TERZO SETTORE; M5C3 – INTERVENTI SPECIALI PER LA COESIONE TERRITORIALE.
Messe insieme queste misure possono essere considerate complementari ad un determinato fine, che è quello dell’empowerment femminile e quindi il contrasto alle discriminazioni di genere.
La disoccupazione femminile rappresenta ancora una problematica importante in Italia, tanto da esser stato coniato un termine che identifica il fenomeno: Shecession, importato dagli Stati Uniti, con il quale si indica la recessione che ha colpito maggiormente le donne occupate rispetto agli uomini; infatti si stima da un rapporto dell’INAPP (Istituto Nazionale Analisi Politiche Pubbliche – dati aggiornati al 06/08/2021) che le donne che hanno perso il lavoro nell’anno della pandemia sono circa 312 mila, le donne occupate sono diminuite del 2,6 % nel lavoro dipendente (contro l’1,9% degli uomini) e del 7,6% nel lavoro indipendente (contro il corrispondente -2,5% maschile). Un fenomeno di livello mondiale, che ha determinato il calo del 4% della forza lavoro femminile a livello Ocse e un impatto negativo sui salari dell’8,1% per le donne contro il 5,4 % degli uomini. Nello specifico, in Italia il Rapporto Inapp 2021 fotografa, per la prima volta, la shecession a dicembre 2020, le donne occupate sono 9 milioni e 530mila e gli uomini 13 milioni e 330mila. Rispetto all’anno precedente si contano 444mila persone occupate in meno, di cui 312mila donne.
Sono diversi i fattori che hanno incrementato la shecession in Italia: la composizione settoriale dell’occupazione, in quanto le donne sono presenti maggiormente rispetto agli uomini nei settori e nei servizi oggetto a lungo di misure restrittive e di chiusure disposte nel rispetto del distanziamento sociale e che attualmente faticano a riprendersi. Questi fattori hanno causato il mancato rinnovo dei contratti a termine, in cui le donne sono da sempre presenti in proporzione maggiore, interessando il 16,2% delle donne contro il -12,4% degli uomini. La riduzione di nuovi rapporti di lavoro è stata nel 2020 molto più marcata per le donne (-1.975.042) che per gli uomini (-1.486.079) in quasi tutte le tipologie contrattuali. Fattore incisivo sulla partecipazione femminile complessiva è stato anche il crescente onere di cura su anziani e minori (aggravato dall’emergenza sanitaria e dalla didattica a distanza) che ha rafforzato l’etichetta per le donne over 40 di “sandwich generation”. Per tale motivo si rende necessario il riconoscimento del lavoro di cura, tradizionalmente gestito nella sfera familiare dalle donne, al fine di raggiungere un duplice obiettivo: ridurre i carichi di cura e stimolare una maggiore partecipazione al mercato del lavoro.
A dimostrazione del fatto che la ripartenza economica è possibile soprattutto se al centro delle politiche economiche vengono collocati dei finanziamenti per incentivare l’empowerment femminile, gli incentivi oggi disponibili riguardano sia fondi perduti che finanziamenti agevolati.
I beneficiari previsti sono: cooperative e società di persone con almeno il 66% donne; imprese individuali con titolare donna e lavoratrici autonome.
I settori aziendali inclusi sono: industria, artigianato, trasformazione prodotti agricoli, servizi, commercio e turismo.
In caso di Start up, invece, il contributo a fondo perduto fino all’ 80% delle spese ammissibili (max 100 mila euro). Per le donne disoccupate la copertura arriva al 90%. Per spese da 100 mila a 250 mila euro la copertura scende al 50%.
In caso di imprese già avviate da 1 a 3 anni, il contributo a fondo perduto è del 50%; il restante 50% è un finanziamento agevolato di 8 anni a Tasso Zero fino all’80% di spese ammissibili (max 400 mila euro).
Le spese ammissibili comprendono: impianti, macchinari ed attrezzature, immobilizzazioni immateriali, servizi cloud e personale dipendente.
Il decreto interministeriale è stato firmato anche dal Ministro dell’economia e delle finanze e dal Ministro per le pari opportunità e la famiglia. Sarà quindi inviato alla Corte dei Conti per la registrazione.
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