La crisi come occasione di sviluppo: Programmare, assumere impegni e affrontare i cambiamenti con un processo di stabilizzazione: ecco le aziende che ce la fanno.
Il recente periodo di crisi cominciato dalla Pandemia e proseguito con la guerra in Ucraina è uno scenario costante che ha sconvolto e modificato il mercato globale, condizionando sia la vita degli individui che il sistema azienda: gli effetti di lungo termine delle crisi infatti incidono significativamente sul valore delle imprese, seppure siano pochi i casi in cui gli effetti bellici (o ancora di più la pandemia da Covid) abbiano realmente modificato il processo di pianificazione delle imprese, molto più frequentemente le imprese hanno solo rinviato i propri piani o più semplicemente si sono limitate a formulare il budget. Laddove invece, il processo di pianificazione è davvero cambiato, le imprese immaginano di poter ritornare nel prossimo futuro ai risultati ante crisi ed estrapolano per convergenza dal presente i risultati attesi.
Questa prospettiva di valutazione, come evidenziato in precedenza, comporta un azzeramento di un’assunzione fondamentale, ossia che la crisi rappresenti un temporale passato e non invece un segnale di cambio di stagione, al quale l’impresa si debba preparare attraverso una stabilizzazione, perché l’impresa che torna sotto controllo riprenderà la propria capacità di programmare e di assumersi impegni credibili nei confronti dei terzi.
Il Covid-19 prima e la guerra in Ucraina, peraltro, hanno portato con loro, e in molti casi accelerato, una serie di cambiamenti che influenzeranno, comunque, il valore delle misure per la “messa in sicurezza” dell’impresa, che tipicamente comprendono:
1) gli interventi per il presidio delle liquidità a breve termine. Le PMI avranno bisogno di liquidità e ciò potrebbe tradursi, auspicabilmente, anche in un rapporto diverso tra la finanza e le imprese, una relazione di mutuo supporto e arricchimento che potrebbe essere ideale per il tessuto delle PMI italiane, i cui imprenditori sono spesso particolarmente legati alla loro impresa e poco propensi ad aprire il capitale;
2) la gestione dei rapporti con i fornitori e con i clienti critici. Uno dei primi effetti della pandemia e della guerra è stato il ripensamento della catena di valore delle imprese. Se è vero che l’interscambio globale costruito finora è difficile da smontare in poco tempo, dall’altro lato è indubbio che la catena di produzione sia destinata ad accorciarsi, i confini a restringersi, i costi ad aumentare.
3) la gestione dei rapporti con le banche, indispensabile alla continuità della gestione. L’era del denaro facile è terminato e diventa strategico il rapporto con le banche ed altri intermediari finanziari. Tassi alti e inflazione incidono sul costo del denaro e quindi impongono un cambio di strategia.
4) le azioni immediate per migliorare la redditività e i flussi monetari. Queste comprendono tipicamente la selezione ed il ridimensionamento delle attività, l’utilizzo delle ammortizzazioni sociali, il recupero di efficienza nei flussi operativi, la compressione dei costi di struttura. Per le ragioni del punto precedente ma anche per una complessità maggiore del mercato, la strategia di gestione non potrà che orientarsi, oggi più che mai, verso la creazione di valore. Il che implica una serie di fattori, tra cui una conoscenza dei business sempre più sofisticati e verticali (pensiamo alla tecnologia), la presenza di competenze ben precise sempre più difficili da trovare ma anche un allungamento, nel caso dei fondi, dell’holding period.
5) il rafforzamento dei controlli sulla gestione. Come in ogni crisi, alla fine resterà solo chi ha le fondamenta più solide. E in questa crisi il repulisti rischia di essere ancor più doloroso proprio per la rapidità di certi effetti, ad esempio, l’aumento dei prezzi dell’energia o le strozzature nella catena di approvvigionamento che rischiano di non lasciare scampo a realtà anche finora solide.
L’immagine che segue illustra chiaramente la prospettiva che il consulente aziendale (o imprenditore) dovrebbe più correttamente adottare, ossia, stimare una durata e un’intensità della crisi (l’area del triangolo) e le scelte o valutazioni aziendali dovrebbero riflettere anche l’opinione del consulente dell’esperto. L’obiettivo da perseguire è quello di riconoscere in tempi brevi quello che sarà il “nuovo” equilibrio che con maggiore probabilità si verrà a creare dopo la crisi e definito next normal.
FONTI:
Ipsoa. Articolo di G. Urti in Finanza del 29/08/22
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